Cesare Cantù, nato nel 1804, è stato uno storico, letterato e politico italiano. Fu deputato al parlamento dall’Unità d’Italia nel 1867, fondatore e direttore dell’Archivio di Milano fino alla sua morte e presidente onorario della SIAE. Cantù fu, inoltre, autore di numerosi romanzi, saggi storici e storiografia letteraria. Cesare Cantù ebbe due figlie illegittime dall’amante Antonietta Beccaria Curioni de’ Civati, moglie di Giulio Beccaria: quest’ultimo figlio del ben noto giurista e filosofo Cesare Beccaria e zio di Alessandro Manzoni. Morì a Milano nel 1895.
Cesare Cantù, le frasi più belle
Presento alcune delle frasi più celebri di Cesare Cantù.
- Le più grandi verità sono generalmente le più semplici.
- Alla storia bastano i pochi eletti fra i tanti chiamati, come in una battaglia si tien conto de’ generali e di quei pochi che si segnalarono, non della turba gregaria; vi sarà anzi chi creda doversi citare non coloro che s’hanno a leggere, ma coloro che s’hanno a studiare.
- Le donne sono di organi e sentimenti più delicati e il loro buon senso è meno turbato dalle preoccupazioni virili; perciò con esse voglionsi usare maggiori riguardi, più squisito trattare, più gentili parole. È ben villano chi le strapazza e le vilipende; è ben inonesto chi usa con esse discorsi od atti che non vorrebbe usati con sua madre, colle sue sorelle.
- L’affettazione nello scrivere equivale all’ipocrisia nell’operare; la declamazione è il linguaggio delle idee e de’ sentimenti falsi.
- Peste della patria è il giornalismo che accetta le notizie senza vagliarle, quando pur non le inventa.
- L’arte è espressione di verità generali in una lingua comune alla nazione e insiem particolare all’autore; e verità chiamiamo ciò che è, o ciò che dovrebb’essere. Dicano pure che la verità è oggetto della scienza, mentre l’arte attende alla bellezza; noi della bellezza crediamo materia la verità morale.
