Cesare Marchi, nato nel 1922, è stato uno scrittore e giornalista italiano. Dopo la laurea in Lettere all’Università di Padova, inizia a lavorare come insegnante delle scuole medie. In seguito, diviene collaboratore de L’Arena di Verona e de Il Giornale. Lo ricordiamo, soprattutto, per il grande e inaspettato successo della sua opera più nota, “Impariamo l’italiano”. Morì a Villafranca di Verona il 7 gennaio 1992.
Cesare Marchi, le frasi più belle
Alcune delle frasi più belle di Cesare Marchi.
- Non è necessario, né d’altra parte sarebbe umanamente possibile, conoscere a memoria tutto il vocabolario; l’importante è consultarlo con giudizio al momento opportuno, come non serve sapere tutto l’orario ferroviario, basta saperlo leggere quando dobbiamo prendere il treno.
- La botte è l’unico carcere che renda migliore chi vi sta dentro.
- Più ancora che alle istorie, conviene esortare gl’italiani al dizionario, scrigno discreto che racchiude, dall’A alla Z, la nostra sterminata ignoranza.
- Una lingua che non si evolve e rifiuta ogni apporto esterno, è una linguamorta. Ma se si evolve e cambia troppo rapidamente, accettando dall’estero tutto, brillanti e spazzatura, rischia di perdere la sua individualità, e di morire per altra via.
- Se possiedi le parole, possiedi le cose.
- Vocabolario. Assieme all’elenco telefonico, è il più democratico dei libri. Nessun culto della personalità. Tutte le parole, poetiche e tecnologiche, umili e dotte, arcaiche e ultramoderne vi figurano in rigoroso ordine alfabetico, accettando come in autobus il posto assegnato dal caso.
- Se uno scrivesse regno monarchico, acqua idraulica, ghiaccio gelato, fuoco igneo, passerebbe per matto. Chi dice repubblica democratica popolare, no.
- Mai disperarsi, perché la disperazione anticipa la morte.
- Una lingua che non si evolve e rifiuta ogni apporto esterno, è una lingua morta. Ma se si evolve e cambia troppo rapidamente, accettando dall’estero tutto, brillanti e spazzatura, rischia di perdere la sua individualità, e di morire per altra via.